È poesia della speranza, della non rassegnazione, di un ottimismo della volontà e dell’azione, quella di Fabio De Cuia, anche quando il cielo svuota sulla terra desolata e sugli uomini tempesta e disgrazie.

L’autore dichiara la propria volontà a educare il suo cuore a dare di più, vuole attraversare il buio e il dolore per godere più intensamente delle gioie, vuole riservarsi sempre angoli di storie per avere l’occasione di raccontare e non perdere la sua forza creativa, poietica; ha bisogno delle rughe del tempo per calarvi tutto se stesso e riemergere più pieno e ricco; non si arrende, non può permetterselo e non vuole arenarsi, asfittico e indolente, nella spiaggia dell’oblio. L’ispirazione nasce potente dall’osservazione della natura, dell’altro, dell’uomo che è custode di fiato e utopiche gemme di volo e si libra per capire il senso di un mondo dove spesso è il nulla a imperare, sovrano. Il poeta si spinge a indagare e a scoprire il senso delle cose attraverso le parole.

È la parola poetica che tenta di annullare il nulla, di scardinarne il potere distruttivo e nichilistico perché il poeta sa che non c’è quiete più rigenerante di una poesia che, nascendo dal cuore, pervade le midolla del corpo e si impossessa della mente. Ampia e maestosa va a cercare altri cuori, altre menti e se non si frappongono barriere e muri di cuori coriacei, produce frutti squisiti di sensibilità, dolcezza e grazia. Dono più grande non può esistere in una società che, se scommette sulle macchine, si perderà irrimediabilmente.

 

Prof.ssa Grazia Procino